Fiesole – Le auto a teatro
Chi pensa a Fiesole pensa soprattutto al suo teatro romano ed alla sua affascinante posizione: proprio dietro la piazza principale, infatti, si apre anche al visitatore più distratto una porta sulla storia e sulla natura, un’area verde che, fin dall’epoca etrusco-romana, è stata per la popolazione un luogo di incontro e di aggregazione, grazie agli edifici pubblici che vi erano riuniti.
L’Area archeologica, delimitata a nord dalle mura etrusche, conserva le tracce della storia fiesolana: sul Tempio etrusco di IV secolo a.C. i Romani, dopo aver conquistato la città nel I secolo a.C., costruirono un altro tempio ed arricchirono l’area con il Teatro e le Terme. Presso la zona sacra del tempio, una Necropoli longobarda testimonia il successivo utilizzo dell’area.
Costruito tra l’inizio del I secolo a.C. e gli inizi del I d.C., è stato il primo edificio dell’Area a destare interesse e ad essere scavato: le sue rovine devono essere sempre state visibili, se nel Medioevo e nei secoli successivi il luogo veniva indicato dai paesani con “Buca delle Fate“, a testimonianza dei suggestivi racconti che volevano che le Fate Fiesolane, simbolo di un tempo felice, si fossero nascoste in oscure cavità sottoterra per non vedere l’orribile scempio che fecero i Fiorentini dopo aver conquistato la città (1125). Nel 1809 il barone prussiano von Shellersheim, scavando alla ricerca di oggetti preziosi, sostenne di aver trovato presso le antiche strutture dell’antico teatro due ricchi corredi, ma la notizia rimane difficilmente verificabile. Gli scavi per la messa in luce del Teatro furono ripresi in modo sistematico nel 1870 e si conclusero tra il 1882 e il 1900, con la ricostruzione della parte sinistra delle gradinate (cavea), anche in vista della fruizione da parte del pubblico.
L’edificio si presentava con un’ampia cavea semicircolare, ricavata in parte nella roccia della collina, quattro vomitoria da cui si accedeva alla galleria (crypta) coperta, che sosteneva o un porticato o un altro ordine di posti, del quale, però, non rimangono tracce. La cavea era divisa in quattro settori per mezzo di strette scalette che permettevano al pubblico di prendere posto più facilmente. In basso si trova l’orchestra e, di fronte, lo spazio dedicato alla rappresentazione teatrale; un muro con nicchia centrale (il pulpitum) delimitava frontalmente il palcoscenico (proscenium), dietro al quale si ergeva la scaena frons di cui non rimangono strutture architettoniche, ma solo la fondazione e alcune decorazioni marmoree, oggi esposte nel Museo. Sono proprio i frammenti della decorazione marmorea ad attestarci che il Teatro rimase a lungo in uso, subendo diversi restauri, di cui uno documentato nel III secolo d.C.
Posizionate nella parte orientale dell’Area archeologica e risalenti, come il Teatro, al I secolo a.C., nel Libro Fiesolano (1380 circa) se ne conserva memoria come “il bagno reale di Catilina, lo quale sanava ogni infermitade e guaria tutte ferite“. Furono riportate alla luce negli scavi tra il 1882 e il 1900 e, ancora prima che le operazioni di scavo fossero terminate, furono ricostruite in maniera affrettata, tanto da rendere difficoltosa l’identificazione di alcuni ambienti.
L’ingresso dell’edificio si trovava ad ovest, dove oggi è possibile riconoscere una scalinata da cui si accedeva al porticato monumentale, che circondava la struttura sui lati nord e sud. I lati interni del porticato davano su un ambiente all’aperto in cui si trovavano due vasche, una cisterna ed uno spazio per la ginnastica. Proseguendo nella parte coperta, da nord a sud, si trovavano gli spazi caratteristici delle Terme romane:
- Frigidarium: l’ambiente non riscaldato. Caratterizzato dalla presenza di una vasca semicircolare, sicuramente all’epoca rivestita di marmi, era separato dallo spazio antistante destinato alla conversazione per mezzo di tre archi (oggi ricostruiti). Qui è stata rinvenuta la base della statua di Ercole bambino conservata nel Museo;
- Tepidarium: moderatamente riscaldato, era l’ambiente di passaggio tra il Frigidarium ed il Calidarium.
- Calidarium: era l’ambiente più caldo, riscaldato da due forni posti in una stanza adiacente al laconicum, la piccola ma caldissima vasca riconoscibile ancora oggi. Attualmente i forni, dopo essere stati in parte ricostruiti, sono visibili e permettono di ricostruire facilmente il funzionamento dell’impianto di riscaldamento: il calore prodotto circolava sotto il pavimento della stanza, sopraelevato su pilastrini in cotto (suspensurae) e si diffondeva lungo le pareti grazie a mattoni forati (tubuli) disposti verticalmente così da formare una sorta di semplice tubazione. Nel calidarium è ancora visibile, sul lato sud, anche il labrum, la vasca dedicata al bagno che si faceva dopo aver sudato.
Restaurate, come il teatro, nel corso del III secolo, le terme furono abbandonate durante il secolo successivo, periodo al quale appartengono alcune tombe alla cappuccina rinvenute all’interno degli ambienti termali ed oggi disperse.
Al limite occidentale dell’Area archeologica, già nel 1792, fu casualmente rinvenuta parte di una scalinata monumentale, attribuita dall’abate Lanzi ad un edificio romano; fu, però, soltanto nel 1923, con la messa in luce di tutta la gradinata e del podio, che si poté definitivamente riconoscere in quell’edificio un tempio romano. Tra il 1952 ed il 1965, nuovi scavi permisero la scoperta del sottostante tempio etrusco.
La presenza di un antico tempio etrusco di età arcaica (VI secolo a.C.) è testimoniata da poche tracce, soprattutto appartenenti alla sua decorazione architettonica, oggi collocate all’interno del Museo: ad esempio, sono visibili parti delle antefisse policrome, forse a testa di Gorgone, che originariamente erano poste sul tetto a copertura delle testate delle travi o dei canali formati dalle tegole. Sopra il tempio arcaico, presumibilmente distrutto o caduto in rovina, agli inizi del IV secolo a.C. fu edificato un tempio ellenistico (IV secolo a.C.), di cui è ancora conservato, sebbene in parte, l’alzato: una scalinata (oggi visibile superando la gradinata del tempio romano) portava ad un piccolo colonnato (pronao) antistante la stanza dedicata al culto della divinità (naos). Ai lati, due ambienti fungevano da magazzini, mentre, ai piedi della scalinata, è presente un altare. Un intonaco rosso rivestiva la stanza centrale, nella quale è stata rinvenuta parte di una stipe votiva con bronzetti e monete; si pensa che il tempio fosse dedicato a Minerva, come lascia ipotizzare il piccolo bronzetto di civetta qui rinvenuto ed esposto nel Museo. Nel corso del I secolo a.C. un incendio distrusse l’edificio, probabilmente in concomitanza con la conquista della città da parte del console romano Porcio Catone nel 90 a.C.
I resti del tempio etrusco furono allora inglobati nella costruzione di un nuovo e più grande tempio romano, la cui pianta e disposizione rimasero sostanzialmente quelle dell’edificio precedente: una scalinata più grande, preceduta da un altare, conduceva all’interno dell’edificio, mentre un portico colonnato, adibito alla sosta dei pellegrini, fu costruito sul lato sud. Il tempio rimase in uso fino al III secolo d.C., quando l’altare e la gradinata furono interrati per permettere il rifacimento stradale che collegò il tempio alle terme.
Con l’arrivo a Fiesole dei Longobardi verso la fine del VI secolo, quella che era stata per secoli l’area sacra della città si trasformò in una zona cimiteriale: tra il 1910 ed il 1912, infatti, furono rinvenute, soprattutto nell’area del tempio, numerose sepolture maschili e femminili provviste di corredi funerari in ferro, vetro, bronzo e ceramica. Alcune di queste tombe sono ancora oggi visibili e ad esse si sono aggiunte quelle, altrettanto numerose, ritrovate in questi ultimi anni nella parte centrale della città, la cosiddetta “Area Garibaldi”, alle spalle del Palazzo Comunale. All’interno del Museo sono state ricostruite quattro di queste sepolture longobarde.